Daniele Bossari ci ha raccontato il suo rapporto con la tecnologia
Flipboard Italia Blog / May 24, 2018
Volto super noto della televisione italiana, Daniele Bossari è tornato sulla cresta dell’onda nel 2017 vincendo il Grande Fratello Vip. Sappiamo ormai quasi tutto di lui e del suo prossimo matrimonio con Filippa Lagerbäck. Meno nota, forse, è la sua passione per gli aspetti più avanzati e per certi tratti più inquietanti della tecnologia che ci portano verso il postumanesimo, ovvero quella condizioni in cui l’uomo e la tecnologia si fondono in formule inedite. Abbiamo fatto due chiacchiere con Daniele che ci ha raccontato com’è il suo rapporto con la tecnologia, l’informazione e i social media e ci ha anche spiegato come affrontare e uscire da una crisi esistenziale.
Per prima cosa ti chiedo come sei arrivato a Flipboard e cosa ti piace della nostra piattaforma?
Non mi ricordo esattamente come sono arrivato su Flipboard, forse attraverso segnalazioni o recensioni online. Da allora, però, non ho mai smesso di utilizzarlo perché l’ho trovato estremamente comodo, molto bello dal punto di vista grafico, funzionale. Mi offre l’opportunità di mettere insieme tutti i pezzi che leggo. È diventato un strumento indispensabile per il mio lavoro.
Parlaci della tua rivista Postumano dove raccogli contenuti sugli gli aspetti più fringe della tecnologia. Come è nata?
Avevo un blog qualche anno fa dove parlavo proprio di postumanesimo, ma ero solo a gestire il tutto e ci impiegavo una marea di tempo perché dovevo controllare tutte le fonti, fare le interviste, editare i pezzi. Era insostenibile in quel momento della mia vita perché stavo lavorando parecchio e quindi ho dovuto abbandonare il progetto. Mi dispiaceva da morire lasciare quell’argomento quindi ho continuato a raccogliere le notizie sul tema in una rivista che porta il nome di quello che era il mio blog. Per me è stata la svolta. Su Flipboard ritrovo tutte le cose che ho salvato: è il serbatoio da cui attingo ogni volta che devo poi parlare con qualcuno o prepararmi per un nuovo progetto. Nella mia testa c’è l’idea di sviluppare dei format legati agli argomenti che tratto su Flipboard e quindi lo strumento è diventato essenziale tant’è che ho integrato il link del mio profilo Flipboard su Instagram e Twitter.
Sono note le tue passioni per la meditazione, la tecnologia, i libri, la musica. Come alimenti e tieni vivi tutti i tuoi interessi?
Ho la fortuna di poter gestire come meglio credo le mie passioni perché non ho vincoli d’orario dati dal lavoro e inoltre ho il grande privilegio di poter far combaciare le mie passioni con quella che è la mia attività professionale. Sono fortunato di poter fare quello che mi piace: il tempo che io dedico all’approfondimento è in realtà tempo che investo nel mio lavoro. Però, qualsiasi cosa io faccia, la faccio sempre con l’occhio e l’attenzione che mi serve per portare quell’argomento in forma divulgativa su altri mezzi.
Segui la rivista Postumano di Daniele Bossari per scoprire dove può portarci la tecnologia
Come ti tieni informato, quali sono le tue principali fonti di informazione e gli strumenti che preferisci?
Credo che la mia caratteristica principale sia la curiosità, quindi cerco di tenermi informato sempre, le antenne sono sempre tese. Non ho una routine prestabilita, ma cerco di trasformare ogni momento in un’occasione per tenermi aggiornato. Poi ci sono le letture tradizionali che non comprendono in questo periodo riviste o quotidiani, ma libri. Nel momento in cui trovo un autore che mi interessa particolarmente come Kevin Kelly, Raymond Kurzweil o Elon Musk, vado a prendere tutti i libri su di lui o scritti da questo autore in modo da avere la garanzia di aver interpretato correttamente il suo pensiero. Richiede tempo, ma per me è una passione. Poi c’è tutta la parte legata ai mezzi digitali: lo smartphone, molto più del computer, con Flipboard o con un browser mi permette di navigare e mantenermi informato in qualsiasi momento. Continuo a salvare, raccogliere, mettere in elenco lettura e poi quello che mi interessa riemerge e altri articoli invece si perdono.
In epoca di fake news, quali sono per te gli strumenti e le fonti più affidabili e come ti rapporti al problema?
È un problema vero quello delle fake news perché spesso anche le testate giornalistiche più importanti ci cascano e riportano notizie senza aver avuto conferme e senza aver verificato le fonti. Ci casco anch’io perché c’è molto sensazionalismo teso a catturare l’attenzione anche con titoli ingannevoli o immagini fuorvianti. Io ho i miei pilastri, i miei punti di riferimenti e in quei casi posso evitare di fare un controllo incrociato, però tendenzialmente vado sempre a vedere due o tre fonti così scopro punti di vista diversi e posso farmi una mia idea.
Un altro tema caldo del momento è quello della privacy e del controllo dei propri dati online: cos’è e cosa è rimasto della privacy a una persona che ha vissuto sotto le telecamere per 3 mesi e che per necessità lavorative deve continuamente raccontarsi online?
È rimasto poco della privacy, ma non è un problema esclusivo di chi è sottoposto a un’esposizione maggiore. È un problema di tutti, anzi mi sorprende sempre di più vedere che spontaneamente offriamo tutta la nostra vita in pasto ai colossi del web. La mancanza di privacy è il prezzo che bisogna pagare per usufruire di certi servizi ed è impossibile pensare di usare un motore di ricerca come Google senza lasciare traccia. Abbiamo già passato il punto di non ritorno, siamo disposti ad accettare queste condizioni che creeranno delle modifiche nei nostri atteggiamenti, nei nostri comportamenti e nel ciclo evolutivo umano: mi immagino un futuro un po’ alla Black Mirror.
Io non ho mai amato mettere in mostra certi aspetti della mia vita, ma nell’ultimo periodo mi sono travato in una dimensione che mai avrei pensato di poter sostenere, cioè l’esposizione totale dei fatti miei. In realtà ora sto molto bene nel poter condividere momenti di gioia perché mi rende portavoce di alcuni valori a cui tengo. In un momento in cui c’è tanta violenza e le persone sono solo egoriferite, magari posso rendermi portavoce di piccole cose in cui credo e radunare persone che la pensano alla stessa maniera.
Come gestisci la popolarità e la tua presenza sui social media: ti fai aiutare, hai un calendario editoriale, segui l’istinto?
Gestisco molto male i miei profili social. In generale, non voglio mettere troppa roba, non voglio rivelare troppe cose personali perché sono una persona riservata e cerco di evitare le banalità come, ad esempio, le foto delle cose che mangio. Però mi rendo conto che sono vecchio, impiego troppo tempo per preparare un contenuto… ma i social per antonomasia sono condivisione dell’istante, sono anche bassa qualità, immediatezza, quindi sono consapevole di essere un dinosauro. Rispetto a mia figlia che ha 15 anni la mia gestione dei social è pessima. Anche se in questo momento è imprescindibile gestire questi canali per il lavoro che faccio. Dovrei migliorare molto e poi penso sempre: ma perché la gente dovrebbe essere interessata a questa cosa che pubblico?
Tu e la tua compagna come avete gestito e gestite il rapporto con i media e l’educazione mediale di vostra figlia?
È un tema incredibilmente delicato. Prima di tutto perché partiamo da un punto di partenza squilibrato: i ragazzi hanno una grande dimestichezza con strumenti di cui i genitori spesso non conoscono l’esistenza. È davvero difficile avere un controllo sulla vita digitale dei figli. È un processo irreversibile, inarrestabile, evolutivo. Siamo nella fase delicata in cui ancora è un po’ un far west. L’unica cosa che penso si possa fare è osservare i propri i figli, osservare come stanno, cosa stanno facendo online e poi discuterne, parlarne e cercare di monitorare. Non so se sto facendo bene come mia figlia. Per il momento vedo che ha un rapporto equilibrato con i media digitali.
Come è cambiato il tuo rapporto con la tecnologia e con il sovraccarico informativo dopo i tre mesi di “deprivazione tecnologica” del Grande Fratello?
Pensavo che là dentro sarei impazzito e poi sono stati tre mesi bellissimi, senza telefono, senza TV, radio, giornali. L’assenza dello smartphone è stata una delle cose più belle di quella esperienza perché mi ha disintossicato da certe abitudini che abbiamo tutti. È stata un’occasione unica nella vita, era quasi un esperimento sociale. Ho ritrovato il dialogo con le persone perché potevamo solo parlare e riscoprire i rapporti umani. Una delle cose che mi ha fatto resistere dentro al GF è stata la possibilità di disintossicarmi da tutto: a volte essere all’oscuro ti fa stare meglio, ti toglie molte ansie. Consiglierei a tutti di fare una cosa del genere: ogni tanto imporsi un giorno, un weekend o un pomeriggio di digital detox, anche se è molto difficile perché bisogna fare i conti con la noia.
Non hai fatto mistero di aver dovuto affrontare alcuni periodi difficili nella tua carriera. Hai dei consigli da dare a chi sta affrontando momenti critici per superare gli inevitabili alti e i bassi di ogni professione?
È difficile dare consigli perché ognuno si ritrova in una situazione diversa. Posso parlare della mia esperienza: c’è un grosso rischio di cadere nella depressione quando hai un’esposizione mediatica forte: finisci in territori che sono affascinanti, perché hai tutti i privilegi del caso, e pericolosi, perché sono fugaci. Però quello che ti può far riemergere, almeno nel mio caso, è cercare di capire: evidentemente se ti arrivano queste bastonate ci sono anche dei motivi più profondi che sono legati a uno stile di vita. Nel mio caso si erano innescati meccanismi di autodistruzione.
Cominciando a risanare, a ripulire la propria mente, i propri pensieri, il proprio fisico, recuperando i rapporti con le persone che ti stanno più vicino, la famiglia, gli amici e poi la comunità, ecco che si ricostruisce anche la fiducia in se stessi e a quel punto si possono rivedere con lucidità i propri progetti. Io ero disposto a ricominciare da zero, e zero vuol dire andare a fare i provini daccapo, fare un bagno di umiltà. Dagli errori si cresce tantissimo e le crisi esistenziali o lavorative sono una grande opportunità evolutiva.
Quando guardi indietro alla tua carriera pensi ci siano cose che avresti potuto fare diversamente?
Tutte le esperienze che ho fatto mi sono servite, mi piace quello che ho fatto: ho sofferto e mi sono divertito tantissimo. Forse ci metterei un po’ più di autostima, un po’ più di sicurezza verso me stesso: questa cosa mi è sempre mancata. Mi sono sempre messo in secondo piano pensando di non essere mai all’altezza della situazione: questo ha generato insicurezze in me che erano percepibili all’esterno. Ed è uno svantaggio quando ti muovi in un mondo come quello dello spettacolo. D’altra parte, la mia fragilità è stata anche il mio punto di forza che mi ha permesso di ricominciare.
Ci sono nuovi progetti sui quali stai lavorando?
Sono anni che provo a portare un format sulla tecnologia in TV. La radio mi ha dato la possibilità di parlarne ed è stato fantastico. Però penso che il mezzo divulgativo top in Italia sia ancora la televisione per la facilità di approccio con il pubblico e i numeri che riesce a generare. Mi è sempre stato detto che la tecnologia è un argomento di nicchia, noioso, tecnico e che la gente non lo capirebbe. Invece le persone utilizzano la tecnologia quotidianamente in maniera massiccia: borsa, comunicazione, viaggi tutto è governato dalla tecnologia e se non spieghiamo, se non raccontiamo come funziona quello che sta accadendo, avremo perso un’occasione. Ci stiamo già ibridando con le macchine, il passaggio dell’uomo biologico a quello meccanico è ormai un dato di fatto però non c’è nessun programma che in modo divulgativo ne parli in maniera approfondita. Questo sarebbe il mio sogno.
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~Roberto sta esplorando i confini della scienza
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